L’ALFABETO DELLA PSICOLOGIA NELL’INTERIORDESIGN: A COME ARCHITETTURA

Tutti sappiamo che l’architettura d’interni si occupa di progettare spazi all’interno di un’abitazione, un esercizio commerciale, un ambiente di lavoro o uno spazio ricettivo. Ci rivolgiamo ad un architetto di interni per esporre una nostra idea di arredo, sulla quale viene sviluppato un progetto (ma anche considerazioni, disegni, proposte e attività) che ha l’obiettivo di realizzare la casa dei tuoi sogni. La missione dell’architettodi interni consiste quindi nell’interpretare le esigenze del cliente, progettando spazi ed ambienti che lo rispecchi.

Oggi, per la rubrica “L’alfabeto della Psicologia nell’Interior Design”, ho estratto la lettera A. A come ARCHITETTURA D’INTERNI, ma quante volte, nel frequentare ambienti diversi (case, uffici, negozio, …), ci soffermiamo sulle sensazioni che questi ambienti suscitano in noi? Eppure ogni luogo ha il potere di influenzarci, in maniera positiva o negativa, a livello emotivo, relazionale, cognitivo e comportamentale.

Lo abbiamo sperimentato tutti un paio di anni fa, in piena pandemia. Abbiamo conosciuto il vero significato di Abitare: risiedere in un determinato luogo. Con l’avvento del COVID, le abitazioni rappresentano un luogo dove coltivare affetti, hobbies e tempo libero. Tutti bisogni che in quarantena si sono rivalutati e riscoperti rendendo la pratica dell’abitare un concetto in continua evoluzione.

Ecco come si sviluppa questo tema:

 

fonte Pinterest: interior design

Il parallelismo tra architettura dell’ambiente e della persona

Se il compito dell’architetto d’interni è principalmente quello di progettare elementi noti (creando ambienti ad alto impatto estetico e funzionale nella gestione dello spazio, dei mobili, dei materiali e degli oggetti, con colori armonie e simmetrie), secondo i dettami dell’interior design, il compito dello psicologo architettonico, è quello di definire quali elementi interni (le caratteristiche del futuro abitante, stile abitativo, esigenze, fruibilità degli oggetti, ordine interno, convivialità, privacy, percezioni sensoriali…) sono da rendere manifesti in quello spazio, al fine di creare un ambiente gratificante per l’abitante stesso.

Le nostre case comunicano tutto di noi: ci indicano quali sono i ricordi del nostro passato (fotografie, soprammobili, vestiti, …), quali passioni ci siamo creati (cucina, lettura, musica…), di quali emozioni viviamo (se in questo momento ci sentiamo tristi, abbandonati, felici, in armonia o in conflitto..), quali esigenze manifestiamo (ordine, programmazione, ottimizzazione dello spazio,accoglienza, convivialità, …), e quali abitudini ci accompagnano (zona di confort, privacy, rituali,manie, …). Le nostre case, ma anche i nostri luoghi di lavoro, ci raccontano come stiamo in questomomento, come viviamo la nostra quotidianità, quali modalità utilizziamo per relazionarci con l’ambiente, e quali cambiamenti stiamo attraversando. Un libro aperto, insomma!

Se ti capita di girare per case come me, sai che appena apri la porta d’ingresso trovi soluzioni abitative diverse per stile, colore, organizzazione … le abitazioni sono uniche, come ciascuno di noi è unico. Ma … non è tanto la modernità, la grandezza o l’estetica della nostra casa a parlarcidei suoi abitanti, quanto la corrispondenza tra le esigenze interiori e lo spazio abitativo/lavorativoquotidiano, che va ad incidere sullo loro stato di benessere o malessere psico-fisico. Un po’ come la nostra persona racconta di valori, credenze, attitudini, comportamenti, convinzioni che negli anni, si sono consolidate in noi, ci caratterizzano e ci rendono unici e irripetibili. Quando pensiamo alla casa, possiamo distinguere quindi una funzione abitativa (aspetti simbolici, organizzativi, funzionali, estetici) e un bisogno abitativo (aspetti legati al vissuto, alle percezioni). La funzione abitativa corrisponde la soddisfazione di bisogni di identità, di appartenenza, di autorealizzazione, mentre al bisogno abitativo corrisponde la soddisfazione di bisogni primari : tra persona e casa prende cosi forma un dialogo costante tra necessità, desideri, felicità e realizzazione.

Ma quali sono i bisogni, esigenze personali che le nostre abitazioni possono aiutarci a ottimizzare nella realizzazione del nostro benessere psicofisico? Prendiamo la piramide dei bisogni di Maslow (1954), un modello che rappresenta i bisogni primari dell’uomo che, se non soddisfatti, causano uno stato di tensione e ansietà impedendoci di soddisfare bisogni più evoluti.

Partendo dallo scalino più in basso troviamo:

Bisogni fisiologici (fame, sete, sonno …), Bisogni legati alla sicurezza (stabilità economica – lavorativa, stabilità relazionale-familiare, protezione intesa come rifugio, oppure intesa protezione dai possibili rischi della salute), Bisogni legati al senso di appartenenza (relazioni affettive, amicizia, identificazione in gruppo, intimità sessuale..), Bisogni legati alla stima ed al prestigio (autostima, autocontrollo, realizzazione personale, rispetto reciproco), Bisogni legati all’autorealizzazione (moralità creatività, spontaneità, problem solving, assenza di pregiudizi). Le nostre case sono un ottimo strumento per permetterci la realizzazione di molti, forse tutti, di questi bisogni. Per esempio, i bisogni fisiologici e di sicurezza sono appagati dalla cucina, dalla camera da letto, dalle pareti, dal tetto, dai sistemi di allarme, dalle porte), i bisogni legati al sensodi appartenenza possono essere soddisfatti dalla famiglia, dai coinquilini, dal scegliere un’abitazione in un determinato quartiere o con particolari elementi architettonici. Il bisogno di autorealizzazione è cosi la sommatoria di tutti questi aspetti che portano alla concezione di casa come luogo in cui ci si identifica, ci si senti appagati e realizzati.

 

Ma cosa succede se questi bisogni, non vengono soddisfatti?

Pensiamo per esempio a persone che vivono un periodo di incertezza lavorativa, oppure coppie che stanno affrontando una separazione, oppure ancora figli che crescendo hanno bisogno del loro spazio privato … è possibile che queste condizioni di disagio (scaturiti dall’insoddisfazione dei bisogni di sicurezza, di appartenenza, e di stima) si ripercuotano negativamente sulla sfera personale – relazionale e professionale. Lo psicologo ambientale, tramite un attento processo di ascolto attivo delle dinamiche del cliente, contribuisce a progettare una casa in cui il suo fruitore può esprimersi e realizzarsi: il benessere psicofisico a cui tutti aspiriamo, può diventare realtà in uno spazio psicologicamente corretto e funzionalmente completo, adatto alla propria persona.

Oggi abbiamo bisogno di ritrovare nello spazio domestico un riparo dove restare bene. La psicologia dell’abitare può creare l’occasione per rinnamorarsi della propria casa, di riaccendere quella scintilla che ci ha spinto a comprarlo, sceglierlo e viverci. In questo senso, interior design e psicologia vanno di pari passo: la disposizione degli arredi, i colori, la decorazione, l’arteterapia possono influenzare il nostro sentire “domestico”, condizionando il benessere fisico e mentale.

Come si progetta per la psicologia architettonica

Ogni casa è caratteristica delle persone che vi abitano, e del periodo di vita che stanno vivendo. Spesso le nostre case comunicano anche se a casa ci stiamo bene o meno. La nostra vita cambia, costantemente passiamo da momenti Up a momenti Down, siamo influenzati dai ritmi che la nostra quotidianità ci impone, le nostre famiglie si allargano (o si rimpiccioliscono), cambiano le esigenze di spazio.. dopo una separazione, un lutto, una nuova sede lavorativa, … si modificano le abitudini, le priorità, i tempi. E la nostra casa, oltre a comunicare questi stati d’animo, le interiorizza, le vive e le riflette: se una persona non sta più bene in casa sua, entrando nella sua abitazione si percepiscono energie negative, tensioni, conflitti … , se al contrario una persona sta bene in casa propria, la sua abitazione trasmette energia positiva, armonia, benessere ed equilibrio, fonte di serenità per i suoi abitanti e i suoi ospiti. La psicologia architettonica è una branca della psicologia dell’ambiente, la scienza che si occupa di studiare la relazione tra i diversi ambienti (siano essi naturali o creati dall’uomo) e soprattutto il modo in cui influenzano il comportamento delle persone che li vivono. Analizza il rapporto tra il nostro benessere psico – fisico e l’organizzazione del nostro ambiente abitativo o lavorativo:, possiamo ottimizzare la qualità della nostra vita, il nostro benessere psico-fisico, le relazioni tra chi li vive.

Secondo la psicologia architettonica, ogni luogo che visitiamo, abitiamo, lavoriamo … ogni spazio in cui ci muoviamo produce in noi un effetto; fa emergere sensazioni, emozioni, ricordi, proiezioni, aspettative. Pensate cosa succede negli ambienti delle nostra abitazione … quante interazioni ci sono e si creano tra lo spazio, il suo contenuto, le sue persone e le loro dinamiche di relazione. Ed è proprio di questo che si occupa la psicologia applicata all’interior design.  Se il compito dell’architetto è principalmente quello di progettare elementi noti (creando ambienti ad alto impatto estetico e funzionale nella gestione dello spazio, dei mobili, dei materiali e degli oggetti, con colori armonie e simmetrie), secondo i dettami dell’interior design, il compito dello psicologo ambientale, è quello di definire quali elementi interni (le caratteristiche del futuro abitante, stile abitativo, esigenze, fruibilità degli oggetti, ordine interno, convivialità, privacy, percezioni sensoriali…) sono da rendere manifesti in quello spazio, al fine di creare un ambiente gratificante per l’abitante stesso. Il benessere psicofisico a cui tutti aspiriamo, può diventare realtà in uno spazio psicologicamente corretto e funzionalmente completo, adatto alla propria persona.